Autore: Davide Gabrielli

Ci sono bar in cui vado perché conosco il barista, come il bar del mio paese.
Lo frequentano anche alcuni amici, così vado lì più per le persone che per la qualità del caffè (la quale, infatti, è piuttosto bassa!).
Se invece ho voglia di bere un buon caffè, so che devo andare da Terzi, a Bologna.

Ovviamente non parto da Trento apposta, ma se il lavoro mi porta da quelle parti vado lì.
Da Terzi non solo l’espresso è eccezionale, ma anche i baristi e il locale sono di un altro livello, comunicano nell’atteggiamento e nell’aspetto la stessa passione per il caffè.
Da loro puoi scegliere tra differenti tipi di miscele provenienti da tutto il mondo, mentre il caffè viene servito in stupende tazzine di porcellana.
Il livello di perfezione è tale che, per caricare la macchina, la polvere macinata viene misurata con un bilancino di precisione.
Ecco perché, se penso ad un buon espresso, quello è il bar in cui vado volentieri.

Ma perché mi sto perdendo a raccontarti le mie abitudini?
Il motivo è semplice e si lega alla strategia d’impresa che molti professionisti adottano tutti i giorni.
Quello che ho notato, nel tempo, è che non tutti hanno un’idea chiara dell’identità che sta dietro alla loro attività.
E capiamoci: non mi è servito entrare in consulenza con loro, per rendermene conto.
Mi è bastato viverlo da consumatore.
Per esempio, quando entro da Terzi so benissimo perché sono lì.
Sono lì perché voglio un caffè fatto a regola d’arte, e questo è quello che loro mi promettono.
Detto sinceramente, non saprei nemmeno dire se vendano qualcos’altro.
Non so se facciano aperitivi, né se vendano oltre al caffè qualche soft drink come la Coca Cola o il Chinotto.
Non gliel’ho mai chiesto, né ho mai visto un loro cliente bere qualcosa di diverso da un espresso o un cappuccino.

Il bar del mio paese invece, quello fa un po’ tutto.
La mattina, caffè e brioches; la sera, spritz e patatine.
Il vantaggio è che, qualunque cosa tu voglia, lui ce l’ha.
Lo svantaggio? È che non fa niente di veramente buono: né il caffè, né lo spritz.
In definitiva, ci vado solo perché è l’unico bar nell’arco di tre chilometri.

Non ha un’identità chiara e non si è specializzato in nulla.
Sia chiaro però: quella di mantenere un approccio generalista può anche essere una scelta, e per un bar di paese senza concorrenti può andare bene.

Quello che le medie e piccole imprese devono chiedersi però, di fronte ad un mercato sempre più affollato, è se possano permetterselo anche loro…
Sì, perché quando il mercato esplode e l’orizzonte si riempie di concorrenti, il cliente ha bisogno di un buon motivo per continuare a comprare da te.
E questo motivo non può essere il prezzo!
Quante persone, oggi, provano le scarpe in negozio e poi le acquistano online?
La possibilità di trovare un prezzo migliore di quello che gli proponi tu è ormai alla portata di tutti: basta tirare fuori lo smartphone dalla tasca e cercare in rete.
Quello che in futuro farà sempre più la differenza, invece, sarà la capacità delle imprese di differenziarsi, aggiungendo qualcosa di unico e speciale al proprio prodotto o servizio.
E questo vale per il panificio come per il negozio di abbigliamento, per la media impresa come per l’hotel.
Il cliente arriva, ma devi dargli un motivo per farlo.

Ecco perché, se accanto al bar del mio paese dovesse aprire un bar migliore, non credo continuerei ad andarci, mentre da Terzi avrò sempre un buon motivo per tornare.
Per esempio, per il suo arredamento retrò, che mi ricorda tanto quello dei caffè europei di inizio ‘900; oppure per la cura e la preparazione di ogni singolo barista, nei cui gesti si legge la stessa identica passione per il proprio lavoro.
Da Terzi tornerei sempre, perché quello che compro non è un generico prodotto, ma una risposta precisa al mio desiderio di bere un buon caffè.
Poco importa se per quel valore aggiunto un espresso mi costerà 5 euro.

Troppo, per un semplice caffè?
Sarà.
Intanto però, fuori dal loro bar ho sempre trovato la fila.